Oggi siamo tutti “calendarizzati”: la società ci impone di conoscere sempre la data del giorno. Nei test preliminari che si fanno a un traumatizzato appena riprende conoscenza c’è sempre la domanda: “che giorno è oggi?”, che insieme all’altra “sai dove ti trovi?” permette di sapere se il paziente è correttamente “orientato” nel tempo e nello spazio. Quando a qualcuno di noi capita di sbagliare, e di pensare che un certo giorno sia giovedì invece che mercoledì, si prova un certo imbarazzo: chissà come mai, chissà dove ho la testa.
In questo esercizio mnemonico siamo ovviamente aiutati dai mille riferimenti che ci circondano, e da uno in particolare: il susseguirsi dei giorni della settimana. Non ci vuole molto a ricordare quando è stata l’ultima domenica, o che giorno della settimana era ieri, magari per qualche trasmissione televisiva o per un appuntamento fisso settimanale. Dunque le settimane ci aiutano a mantenerci orientati nel tempo. Per noi occidentali opulenti, poi, tutti forniti di smartphone e altro, la domanda sembra banale. Ma proviamo a fare qualche salto laterale, nei Paesi poveri e meno tecnologici, e poi proviamo anche qualche salto indietro nel tempo, verso le civiltà dei secoli passati.
La prima domanda che viene in mente è: ma a cosa serve conoscere sempre la data? Beh, è ovvio, per coordinarci in tutte le nostre attività complesse. Anche l’altro parametro, cioè l’ora, è ormai diventato importante, anzi decisivo se non si vuole letteralmente “perdere il treno” (o l’appuntamento dal dentista). Quindi possiamo dire che viviamo continuamente con il nostro orologio-calendario a portata di mano, sotto forma di mille cose, tra cui l’agenda, la sveglia, il telefono e i vari orologi che ci accompagnano in auto, in cucina, al polso, nel computer, i segnali orario della radio e della tv eccetera.
Tutto ciò non interessava minimamente l’uomo primitivo, cacciatore-raccoglitore, ma cominciò subito ad avere una certa importanza quando l’uomo, ancora primitivo imparò a coltivare. Non che gli interessasse sapere se era giovedì o che ora fosse, ma certamente gli servivano indizi per capire quando seminare, quando zappare il terreno o potare la vigna. Siamo nel Neolitico, verso la fine, più o meo l’età in cui Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso terrestre, e infatti uno dei loro figli, Caino, era coltivatore: sudava sulla terra per ottenerne i frutti, invidiando il fratello Abele che invece aveva un gregge… ma questa è un’altra storia.
Comunque, già da allora era importante conoscere le stagioni, e saperle prevedere in anticipo. Era inutile seminare poco prima della stagione troppo secca o di quella troppo fredda; era importante ammassare le scorte prima che arrivasse il gelo e così via. Insomma serviva un calendario. Provatevi voi a costruire un calendario prima di imparare a scrivere e a contare, eppure quella gente di 10000 anni fa ci riuscì, osservando i segni del cielo e tramandando di generazione in generazione le loro tradizioni orali. Delle teste favolose.
Sì, ma cosa osservavano nel cielo? Quali erano questi segni? Eccone uno: nell’antico Egitto era importante sapere quando stava per arrivare l’inondazione del Nilo. Era annunciata da un segno celeste che solo i sacerdoti sapevano cogliere. Si trattava del sorgere, subito prima dell’alba, della stella Sirio, la più splendente che c’è nel nostro cielo. Non c’erano ancora i faraoni, e neppure le piramidi e tutte quelle belle cose che conosciamo: c’era una popolazione accampata sulle sponde del fiume che, grazie a Sirio, imparava a domarlo. Quella stella ovviamente era una divinità ed era messa lì per quello: per gli egizi era la dea Iside. E anche questa è un’altra storia. Di fatto, da quel piccolo segno e dalla capacità di osservarlo nascerà una delle più potenti e affascinanti civiltà della storia antica. Potente anche perché dotata di calendario.
Il bello di tutto ciò è che il cielo, di segni ce ne manda tanti, e sono tutti validi per costruire calendari. E infatti sono stati usati tutti nel corso dei millenni. Che dire della stessa Terra, per esempio, che ruotando su se stessa scandisce i giorni e le ore? E della Luna? E ovviamente del Sole, e di entrambi insieme nelle varie combinazioni? E delle costellazioni caratteristiche, come le Pleiadi di cui si parla fin dell’antica Grecia? E di tutto il cerchio dello Zodiaco con i suoi segni a volta benefici, altre volte malauguranti? Insomma ce n’è per tutti, e per ciascuno di questi ci sono tradizioni, religioni, leggende, miti.
Il fatto è che la Terra è un ingranaggio di una enorme macchina a orologeria, in grado di scandire il tempo con precisione grazie ai moti suoi e del suo grosso satellite, a cui si aggiungono i misteriosi moti dei pianeti e degli astri lontani. Provate a guardare tutto ciò non da astrofisici, ma da antichi astronomi. Provate a immaginare il brivido di terrore quando capitava un’eclisse di sole, e provate a immaginare la soddisfazione, tempo dopo, quando si riusciva a prevedere le eclissi. E nell’antica Mesopotamia pare che già ci riuscissero. Erano dei maghi? No, ma certamente lo sembravano.
A proposito di macchine a orologeria, ci sono anche quelle vere, costruite da noi. E, per quanto strano possa sembrare, la tecnica orologiaia di precisione, basata su ingranaggi, bilancieri, molle e scappamenti, continua a essere sviluppata al giorno d’oggi, quando non avrebbe più alcuna utilità dati gli sviluppi della microelettronica. Ma per fortuna è ancora possibile acquistare, spendendo qualcosina, un orologio munito di calendario perpetuo che sa riconoscere tra i denti dei suoi ingranaggi quello dell’anno bisestile e sa calcolare le fasi della luna con precisione micrometrica.
Tutte queste cose hanno affascinato l’astronomo Leonardo Mureddu, che già conosciamo per altri libri divulgativi (La vita sul Pianeta Marte, Doppio Sei), tanto da indurlo a raccogliere tutto in un volume, che possiamo annunciare in anticipo. S’intitola Dalle Lune ai Microsecondi, e ripercorre le tappe del calendario degli umani partendo dalle annotazioni bibliche per arrivare ai nostri sistemi di sincronizzazione globale, passando per i centri di potere spesso religioso che se ne impadronirono per mantenere il controllo sui popoli. Una lettura che noi (Zer037) possiamo godere in anteprima, dato che abbiamo avuto l’incarico di leggere le prime bozza di stampa e di fornire commenti e correzioni. Vi faremo sapere quando esce.
Zer037, aprile 2024
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