Da oltre un secolo abbiamo un problema. La Fisica che spiega l’universo, che sa prevedere il comportamento delle particelle elementari e delle onde energetiche, che ci ha permesso il progresso scientifico e tecnologico vertiginoso a cui assistiamo continuamente; ebbene quella Fisica è totalmente estranea alla nostra capacità di comprensione. Si chiama, lo sappiamo tutti, Fisica quantistica. È nata un po’ in sordina a fianco della Relatività, per spiegare certi comportamenti della luce e degli elettroni, e ha introdotto la teoria dei quanti, un concetto di base abbastanza comprensibile anche se non facilmente spiegabile: non è possibile assegnare un qualunque valore all’energia associata a una particella, ma solo certi livelli sono permessi. A livello atomico, gli elettroni possono occupare “solo” certi stati energetici, e per muoversi dall’uno all’altro devono fare dei “salti”, aiutati dai fotoni che portano l’energia necessaria (salti in su), o portano via l’energia che avanza (salti in giù). Di conseguenza non esistono neppure fotoni di qualunque energia, ma “solo” quelli che corrispondono ai particolari salti energetici. Con la massima precisione, dato che queste operazioni di somma e sottrazione non devono dare resto. E questa è la base-base della fisica quantistica. Tutto sommato possiamo anche crederci senza troppi contorcimenti intellettuali. Il mondo subatomico ha le sue regole, ha una struttura granulosa come quella che si scorge ingrandendo molto una fotografia stampata nella maniera classica su un libro: si scopre la “grana”, che invece non appare nella vista d’insieme dell’immagine. Dunque possiamo associare un’immagine fotografica nel suo complesso alla Fisica Classica, con i suoi chiaroscuri e l’apparente continuità delle linee; d’altro canto, l’ingrandimento al microscopio ci mostra la Fisica Quantistica, nella quale i chiaroscuri appaiono come puntini staccati tra loro, più o meno densi a seconda della zona dell’immagine. Fin qui, dunque, tutto bene.
Ma… allora?
Allora, ecco che arrivano dei fisici molto in gamba, i cui nomi sono forse noti a tanti di noi: Rutherford, Pauli, Heinsenberg, Bohr, e poi ancora Fermi, Dirac, Bose, oltre al sommo Einstein e tanti altri. Questi personaggi non si accontentano di nulla, mettono tutto in crisi, usano tutta la matematica che esiste e immaginano tutti gli esperimenti possibili, e anche quelli impossibili per far progredire una scienza che diventa sempre più incomprensibile: come si spiega che un solo elettrone possa passare contemporaneamente attraverso due fenditure? Come è possibile che si possano creare particelle dal vuoto? Queste e tante altre domande hanno una risposta rigorosa, basata su una matematica complessa ma estremamente logica, tanto da poter camminare sempre “un passo avanti” rispetto alla fisica.
Ed ecco il nostro problema. Come fare per “divulgare” questo mondo meraviglioso e affascinante in modo che un lettore generico ne possa godere almeno un pochino? Come fare a spiegargli che ogni atomo ha la sua “firma” quantistica e lo possiamo riconoscere anche a migliaia di anni luce di distanza? Che senza la fisica quantistica non avremmo nessuna chance di poter conoscere l’universo? o di poter diagnosticare certe malattie? Insomma, come fare a spiegare a un lettore curioso a cosa andrebbe incontro se potesse ridursi alle dimensioni di una particella in modo da poter visitare quello strano mondo? Semplice: mandiamoci Alice.
Sì, certo, la bambina intraprendente e curiosa creata da Lewis Carrol, il prete-matematico forse un tantino pedofilo che creò e illustrò quel capolavoro. Da allora Alice o chi per lei è stata utilizzata molte volte, per visitare mondi impossibili e per offrire i suoi occhi e la sua intelligenza in tanti campi, creando un vero e proprio filone “fantasy” con tanti personaggi diversi, spesso cinematografici (La storia infinita, Jumanji, Le storie di Narnia, Il mago di Oz…). Niente di strano, quindi, che finisca in Quantumland (il Paese dei Quanti).
Ci ha pensato Robert Gilmore, un fisico inglese appassionato di divulgazione che ha – in comune con Carroll – un buon talento come disegnatore. Il libro, che in italiano si chiama Alice nel paese dei Quanti (Raffaello Cortina Editore 1996), ha come unico difetto di essere un po’ datato, e quindi non completamente aggiornato sugli sviluppi della fisica quantistica. Tuttavia ce la presenta nella sua completezza e in modo piuttosto rigoroso, facendo visitare alla piccola (anzi infinitesima) Alice tutti i palazzi, i regni, i laboratori dove si possono ammirare le meraviglie e i paradossi quantistici.
Ecco allora Alice alle prese con gli elettroni, palline dai contorni non ben definiti che non possono stare fermi un attimo se non vogliono sparpagliarsi in tutto lo spazio e coi fotoni, anch’essi instancabili portatori di energia. Ci sono poi, disseminati in tutto il libro, nomi di scienziati, espressioni, paradossi: nella Sala Gedanken si effettuano gli esperimenti concettuali, alla Banca Heisenberg si paga l’energia con il tempo (o viceversa), alla Scuola Copenaghen si discute dell’interpretazione del concetto di misura con Niels Bohr; compare (e scompare), il gatto di Schroedinger, appollaiato sornione su un albero; un cartello appeso dietro la scrivania di un Ragioniere recita “Ciò che non è vietato è obbligatorio”; all’Accademia Fermi-Bose si affrontano i rudimenti delle statistiche quantistiche; al Castello Rutherford Alice fa il suo incontro con i nuclei atomici, protetti ma non troppo dalle loro barriere. Anche i tre problematici quark entrano nel racconto, e somigliano parecchio, essendo tre, ai fratelli Marx.
Neppure una formula matematica disturba il piacere della lettura, che fila come una fiaba ma apre continuamente nuovi interrogativi e spunti di approfondimento, ed è confortata ogni poche pagine da una illustrazione nello stile vittoriano di Carroll, sapiente e perfettamente in tema. Dunque, una lettura deliziosa.
Il volume è fuori catalogo da molto, ma niente paura! Noi l’abbiamo trovato in un mercatino, e facendo una rapida ricerca su eBay appare parecchie volte, a prezzi abbordabili. I primi quattro-cinque lettori di questo articolo non avranno difficoltà a procurarsi una copia, che, lo giuriamo, si legge in pochi giorni e lascia la bocca buona. E proprio come un buon libro di divulgazione scientifica, non ha alcuna pretesa di insegnare, semmai di incuriosire. (zero37, giugno 2022)