“L’unica cosa che ci tiene in vita è la nostra genialità. L’unico modo per proteggere la nostra genialità sono i brevetti”. (Edwin H. Land, fondatore e presidente della Polaroid)
Edwin Land è uno dei grandi inventori americani del ‘900. Forse il suo nome non dice molto ai più, ma stiamo parlando del padre, e unico padrone, del sistema fotografico a sviluppo istantaneo Polaroid, oltre che dei famosi occhiali da sole con le lenti polarizzate. Dopo aver progettato il suo sistema fotografico, nel 1947, fu talmente abile nel coprirlo di brevetti, presenti e futuri, da rendere la sua invenzione inattaccabile per tutta la successiva vita commerciale. Dire “polaroid” significa quel tipo di macchina fotografica da cui le foto escono già stampate in positivo, in bianco e nero o a colori, dapprima con sistemi manuali e reagenti umidi e in seguito con sistemi motorizzati a secco. Nessuno riuscì mai ad aggirare i brevetti di Land. Ci provò la Kodak negli anni ’70, e commercializzò un sistema analogo. Nel giro di pochi anni sarà costretta a ritirare tutto, fotocamere e caricatori, e a pagare un cospicuo indennizzo alla Polaroid, oltre che a risarcire tutti i clienti. Questo aneddoto spiega la citazione in testa a questo articolo, e restituisce il giusto valore umano al concetto, spesso idealizzato, di “inventore”.
La cultura americana paga un grande tributo alla figura dell’inventore, che tende a diventare un personaggio pubblico di grande successo, e spesso viene confuso con l’industriale, proprio per le grandi ricchezze che accumula. Pensate alle figure attuali come Elon Musk, con le sue innumerevoli aziende di alta tecnologia, o anche l’ingegner Dyson che ha passato molti anni a mettere a punto l’aspirapolvere senza sacchetto e ora ha un’azienda multinazionale che produce apparecchi sofisticatissimi, tutti legati ai suoi vortici.
In Europa le cose vanno diversamente, e non certo perché manchino le menti geniali, soprattutto in Italia. Senza partire da Archimede possiamo limitarci al grande Leonardo, ideatore di macchine meravigliose e di sistemi idraulici perfettamente funzionanti. In seguito abbiamo avuto Alessandro Volta, l’inventore della pila elettrica, Pacinotti inventore della dinamo, Meucci col suo telefono e andando avanti e indietro nel tempo ne possiamo annoverare altri più o meno leggendari, tra cui Flavio Gioia, controverso inventore della bussola, e Galileo col suo telescopio. Insomma tanti. Il più famoso dei quali, alla fine dell’Ottocento, sarà Guglielmo Marconi con la telegrafia senza fili. Tutti quelli che abbiamo citato, e tanti altri inventori europei, resteranno poveri tutta la vita, tranne Marconi che invece trasformerà l’invenzione in un affare commerciale grazie al lavoro dei suoi avvocati britannici.
Il problema è che non basta inventare qualcosa, utilizzando il proprio genio e le proprie conoscenze tecniche e scientifiche. Il grande lavoro consiste nel proteggere le proprie invenzioni. Altrimenti potranno venire facilmente rubate e vendute altrove, e quel che è peggio si correrà il rischio di venire denunciati dagli stessi ladri di idee, se si cercherà di far valere i propri diritti. Questo è capitato a Meucci, l’inventore del telefono, la cui invenzione fu parzialmente rubata da Graham Bell, che provvide a brevettarla e a farla propria, e a tanti altri tra cui un certo francese di nome Lucien Levy, inventore del sistema supereterodina per la ricezione radio, che si vide scippare l’idea da un giovane americano, tale Edwin Armstrong, conosciuto sotto le armi durante la prima guerra mondiale. Evidentemente Levy aveva parlato troppo, e Armstrong fu lesto, una volta rientrato in America, a correre all’ufficio brevetti per bloccare l’invenzione, talmente geniale e redditizia da farlo diventare ricchissimo. In entrambi i casi citati, in seguito i tribunali restituirono la paternità ai legittimi inventori, ma ciò avvenne troppo tardi, almeno nel caso di Meucci. Tanti altri inventori geniali subirono la stessa sorte, e quasi sempre ad opera di altrettanti inventori americani. Il grande Thomas Edison è noto per aver scippato numerose invenzioni, e per avere usato lo strapotere dei suoi uffici legali per mettere a tacere le rimostranze dei suoi deboli accusatori.
Edison, si dice, “non inventò” la lampadina elettrica e neppure i sistemi per generare l’elettricità, né il grammofono e tantomeno il cinematografo; neppure inventò la batteria di accumulatori al ferro-nichel che gli portò introiti milionari. Ma una cosa inventò: la “fabbrica delle invenzioni”. Al culmine della sua attività il prolifico inventore (oltre 1000 brevetti solo in America, un record ancora imbattuto) poteva contare su uno stabilimento nel quale lavoravano oltre diecimila dipendenti, tra cui parecchi laureati in fisica, chimica, ingegneria e tantissimi tecnici specializzati, attrezzato con laboratori all’avanguardia in tutti i settori. Un intero piano del suo immenso stabile era dedicato agli uffici legali. Nella fabbrica di Edison entravano le necessità e ne uscivano le soluzioni, pronte per venire trasformate in schede tecniche e avviate all’ufficio brevetti. Non sempre le cose andavano bene: per esempio ci fu una quasi bancarotta in seguito a un tentativo ostinato di rendere produttive certe miniere e in altri casi simili, compreso un tentativo fallito di ottenere la gomma da piante diverse dall’albero della gomma. Ma in complesso i brevetti di successo aiutavano a sorreggere le iniziative problematiche. Per questo forse occorreva agire senza troppi scrupoli nei confronti di concorrenti e inventori dallo spirito romantico. Questa attività si svolse durante la “Golden Age” americana, l’età dell’oro che seguì la sanguinosa guerra civile, e gettò le basi per la moderna industria dei brevetti.
Oggi gran parte degli inventori non hanno più un nome, ma vivono all’interno di grosse fabbriche di invenzioni, come “sviluppatori”. Pensate alla Apple, al mondo di Google, alle industrie Tesla. Chi mai conosce il nome dell’inventore dello schermo “multi touch” che ha reso così comodo lo smartphone? Chi sa chi sta dietro le grandi idee relative ai motori di ricerca di internet? Eppure continuamente stuoli di avvocati provvedono a depositare domande di brevetti, che se fatte bene assicureranno la fortuna di un’azienda, ma se hanno qualche “buco” si lasceranno aggirare dalla concorrenza, con la conseguente perdita di somme ingenti.
Tra l’altro, i brevetti e le relative leggi valgono paese per paese, il che significa che, per proteggere la propria invenzione, occorre ricorrere a delle particolari procedure di “brevetto internazionale”, che però non è riconosciuto da tutti i paesi, oltre ad avere un costo non irrilevante per un piccolo inventore. Ecco perché spesso si preferisce “vendere” la propria invenzione a una azienda in grado di sostenere le spese per la protezione. Così, però, ci si accontenta delle briciole, ma l’alternativa sarebbe rischiare di perdere tutto.
Insomma, niente più di romantico al giorno d’oggi, ma si vive ancora applicando gli insegnamenti degli inventori americani di fine Ottocento. (Zero37, 30 agosto 2022)